Parola d'ordine: kaizen. Prego? Per chi non mastica il giapponese o non si occupa di sistemi di gestione aziendali, kaizen è la crasi nipponica di due termini che portano al concetto di "cambiare in meglio". È quello di cui si occupa per lavoro Gabriele Confente, Ingegnere Gestionale, candidato al pallone d'Argento per il Montebello. Nell'azienda dove opera ha introdotto nuovi concetti per migliorare i processi produttivi, nell'ottica della qualità del prodotto. «Il mio compito è quello di portare delle innovazioni che vadano a beneficio di tutti - spiega lui - facendo continua formazione al personale. Ovviamente delle volte mi devo scontrare con delle abitudini consolidate ma questo fa parte del gioco».
Dici gioco e pensi al pallone, una passione che ha preso da piccolo Gabriele e che, unita a delle buoni doti tecniche, lo ha portato nei settori giovanili del Vicenza e del Bassano:«Penso che l'allenatore che mi ha dato di più sia stato Alessandro Carollo nei due anni di Esordienti che ho fatto in biancorosso. Lì ho avuto modo di crescere tanto». Gabriele è cresciuto calcisticamente in fretta tanto da saltare a piè pari la categoria juniores e trovarsi proiettato in prima squadra a Legnago a 17 anni, campionato di Promozione, ruolo esterno alto di centrocampo. «Ricordo quella società con molto piacere perché arrivare ragazzino a giocare con giocatori che erano un lusso per la categoria, in una società ben strutturata e centrare al primo anno la promozione in Eccellenza ti dà grandi emozioni personali. A quei tempi non mi sono neanche reso conto di cosa significasse vincere un campionato, l'ho capito meglio più tardi».
Sì perché di salti di categoria Gabriele ne farà altri tre (Almisano, Sarego e Montebello) e quello ottenuto con la squadra del suo paese «probabilmente è stato il più bello, anche perché avevo 30 anni e me lo sono gustato un po' di più». Dieci maglie cambiate in 15 stagioni di prima squadra, dieci club tra il Vicentino e il Veronese che lo hanno avuto tra le sue fila, raccontano di un Gabriele mai stanziale, sempre pronto a rimettersi in gioco e preferibilmente "cambiare in meglio": «A parte con il Montebello, con il quale lo scorso dicembre ho festeggiato le cento presenze a un paio di settimane di distanza dal mio compagno Francesco Lissandrini, l'altro candidato al Pallone d'Argento, praticamente ho cambiato una squadra all'anno. Perchè? Per trovare sempre nuovi stimoli e obiettivi da raggiungere, conoscere gente e realtà nuove. Nella mia carriera sono stato fortunato perché ho sempre trovato squadre che mi hanno fatto giocare titolare, di panchina ne ho fatta poca. Quando ho cominciato a lavorare dopo l'università e il Montebello era salito in Prima con un buon progetto da sviluppare ho deciso che era il momento di ritornare calcisticamente a casa dopo tanti anni e mi sono stabilizzato. Da qualche tempo sono arretrato a terzino per allungarmi la carriera, mi piacerebbe giocare fino a 40 anni perché il fisico è ancora integro».
Tra le categorie dilettanti non toccate da Gabriele c'è la Seconda categoria (invece in Terza ha vinto ad Almisano divertendosi con gli amici e ricominciando dopo un anno sabbatico senza calcio) e la serie D: «Quello è il mio rimpianto più grande perché quando avevo 18/19 anni c'erano stati dei contatti per arrivare in alto e ci è mancato veramente poco, quella chance penso proprio che l'avrei meritata».